Le miniere di Monteneve

Una storia lunga 800 anni

 

Il Percorso

(link foto)

Tempo fa durante una cena il mio amico Marzio Bonomini (Snowcampitaly) mi ha raccontato di un’escursione in Val Ridanna alla scoperta delle miniere. Sono anni che frequento queste zone e ne conoscevo vagamente l’esistenza ma ne ignoravo l’importanza che hanno ricoperto per circa 800 anni. Incuriosito dalla storia che si nasconde in quelle montagne non potevo che tornare nuovamente per questa nuova avventura.

L’appuntamento è alle ore 10 a Merano dove ad aspettarmi c’è Marzio con la sua inseparabile compagna Fiona Von Tripps, un pastore tedesco con un carattere stupendo. Dopo essere salito nell’auto del mio amico ci dirigiamo in Val Passiria dove parcheggiamo per iniziare il percorso.

Percorriamo la strada SS44 bis per 9 km fino ad arrivare al ponte Timmelsjoh, lasciamo la vettura ed imbocchiamo il sentiero 29.

Dopo poche centinaia di metri iniziamo la salita che ci porta ad un bosco con enormi alberi centenari pieni di storia. Lungo il percorso incontriamo molte mucche che in queste zone vengono lasciate completamente libere di pascolare. Usciamo dal fitto bosco e lo spazio si apre ai nostri occhi, poco più in basso ben visibile la malga Oberen Gostalm, più in lontananza la Guardia Alta, 2608 m. Continuiamo ora in spazio aperto dove siamo circondati da cespugli pieni di mirtilli selvatici, ovviamente una sosta per assaggiarli è dovuta.

Attraversiamo un ponte per arrivare al Schneeberg, con delle strutture minerarie ben conservate e dove erano alloggiati i motori del binario lungo 400 m con una pendenza superiore al 40% che portava materiali dal villaggio sovrastante. Alla nostra sinistra il lago di decantazione, il colore variegato delle sue acque è dovuto alla reazione di ossidazione dei metalli presenti. Decidiamo di prendere il sentiero che si arrampica al lato destro del binario che dopo un dislivello di circa 180 metri ci porta al rifugio al vecchio villaggio dei minatori.

Il rifugio Monteneve (2354 m) è considerato uno dei più belli dell’Alto Adige, qui troviamo un museo gratuito e sempre aperto. In questo piccolo villaggio nell’epoca più produttiva vivevano circa 1000 persone! Cerco di immaginare come fosse vivere nel 1500 a 2300 m di altezza con le attrezzature di quell’epoca, l’aspettativa di vita di chi lavorava in miniera era al di sotto dei 40 anni. Dopo esserci rifocillati ripartiamo in direzione Lago nero di Tumulo.

Percorriamo altri 300 m di dislivello fino ad arrivare a Karlscharte 2691 m, davanti a noi in lontananza si intravede il lago Nero di Tumulo, sotto di noi la vallata con il torrente Passirio. Durante la discesa dietro di noi spicca la vetta Schneeberger a 2961 m con le sue pareti di rocce bianche che sembrano addirittura neve. Prima di attraversare il piccolo ponte sul Passirio riempiamo le nostre borracce con la gelida acqua del torrente. Ancora una piccola salita e ci ritroviamo a 2500 m deve le acque del lago cambiano rapidamente colore con il passare delle nubi. Questo lago è conosciuto non solo per la capacità di variare colore in base all’inclinazione dei raggi solari ma anche perché risulta essere il più profondo dell’Alto Adige con i suoi 30 m. Ci fermiamo a contemplare questa meraviglia mentre Fiona corre felice nel suo ambiente preferito.

Cominciamo il viaggio di ritorno con la pianura sulla nostra sinistra dove il Torrente Passirio serpeggia tranquillamente. Continuando la discesa lungo il sentiero, dopo una prima cascata il torrente si incanala in una stretta gola scavata nel corso dei millenni. Cominciamo ad intravedere la malga Timmelsalm mentre il sole che scende gioca con i suoi raggi sulle vette del Seebertal. Dalla malga prendiamo la strada sterrata che ci riporta in pochi minuti alla macchina.

Un’escursione stupenda nella natura incontaminata e soprattutto piena di storia. Camminare tra i vecchi binari della miniera a 2300 m dà un’emozione unica, sembra ancora di sentire i picconi in cerca di minerali.

 

La miniera di Monteneve e la sua storia

L’inizio dell’attività mineraria nel complesso di Monteneve si perde nell’oscurità della storia.Il più antico accenno scritto di questa attività risale al 24 Dicembre 1237. Un intenso e sistematico sfruttamento della zona mineraria, con estrazione di minerale di rame e di piombo/argento, si protrae per circa quattro secoli. Nel 1486, periodo di massima fioritura, lavorano in miniera più di 1000 uomini. Dopo la seconda metà del XV secolo scoppia una vera e propria febbre mineraria. I beneficiari provengono da ogni categoria sociale e professionale: nobili impiegati, clero, imprenditori, artigiani, commercianti e contadini.

A partire dalla seconda metà del XVI secolo, in concomitanza con la crisi dell’industria mineraria, l’attività estrattiva a Monteneve si riduce progressivamente e ha inizio una fase di rapido declino. Intorno al 1630 nel complesso di Monteneve lavorano circa 160 operai, un ridimensionamento enorme rispetto ai mille lavoratori del 1486. Passano altri anni, la crisi viene superata e si arriva al 1713, data che segna il rifiorire dell’attività mineraria. Nel contempo, con un’ingegnosità straordinaria per quell’epoca, viene sostituito il trasporto dei minerali, attraverso animali da soma con un impianto di trasporto a cielo aperto su rotaia.

I costi eccessivi di mantenimento e la sopraggiunta povertà dei giacimenti metalliferi portano, nel 1798, alla chiusura delle attività in miniera. Passano gli anni e nel 1871, ha inizio una sorprendente ripresa dell’attività mineraria. Con la riapertura delle miniere, la piccola conca di Monteneve si colloca tra i giacimenti più importanti di tutto l’arco alpino (con oltre 150 km di gallerie) e diventa il più alto polo minerario d’Europa.

Grazie alla messa in funzione di questa teleferica si rende possibile, per la prima volta, il trasporto del minerale da Monteneve a Masseria durante tutto l’anno. Il sensibile calo del prezzo dei metalli sul mercato mondiale rende la miniera di Monteneve assai poco redditizia, per cui nel 1931 il complesso minerario viene chiuso ancora. Una fugace ripresa dell’attività si ha intorno agli anni ’50.

Viene così iniziato nel 1962 lo scavo della galleria Poschhaus, nella Valle di Lazzago, lunga 3,6 Km. Il 16 giugno 1967 un grande incendio (di probabile natura dolosa) distrugge la grande casa dei minatori a San Martino Monteneve. Dopo questo incendio i minatori abbandonano Monteneve e si trasferiscono in Val Ridanna a Masseria. Nonostante notevoli investimenti e innovazioni ingegnose, gli alti costi di produzione impediscono di reggere la concorrenza sul mercato mondiale. La chiusura delle miniere sembra ormai un evento ineluttabile: ancora alcuni anni di incertezze, caratterizzati da laboriose e molteplici trattative. Nel dicembre 1979 si giunge alla cessazione della coltivazione del minerale.

La maggior parte dei minatori viene messa in cassa integrazione; rimangono sul posto di lavoro circa 45 minatori, addetti alla ricerca in profondità di giacimenti redditizi. Nonostante i risultati delle trivellazioni esplorative appaiono soddisfacenti, la direzione dell’ultima ditta, la SAMIM (Società Azionaria Minerario metallurgica) decide, il 5 maggio 1985, dopo 800 lunghi anni di storia mineraria, la chiusura definitiva delle miniere. Si danno così inizio a lavori di sgombero e di sicurezza delle aree minerarie delle gallerie Poschhaus e Karl. Si arriva così ai giorni nostri: oggi tutta la zona mineraria di Monteneve e di Ridanna è protetta e fa parte del Museo delle miniere Alto Adige Ridanna-Monteneve che organizza, durante tutto l’anno, visite guidate di straordinario interesse.

 

La leggenda sull’attività mineraria di Monteneve

“Una volta un cacciatore dalla Val Passiria partì per Monteneve per cacciare camosci.

Mentre a Seemoos riposava su un masso vide, una Salige (figura femminile che impersona lo spirito della natura), ella fece cenno al cacciatore di avvicinarsi e gli mostrò luccicanti pietre preziose che teneva nel grembo. Avrebbe donato tutti quei tesori al cacciatore e gli avrebbe mostrato i luoghi di ritrovamento, se egli le avesse promesso di desistere dal cacciare la selvaggina che stava sotto la sua protezione. Gli chiese di fracassare la sua balestra e di giurare che non avrebbe cacciato mai più. Il cacciatore fracassò la sua balestra e fece il giuramento. Allora la fanciulla mostrò al cacciatore delle fenditure nella roccia piene di argento puro, ma lo minacciò anche di severa punizione se avesse rotto il suo giuramento, e improvvisamente sparì dalla sua vista.

Ben presto con il cacciatore salirono dei minatori sulla montagna e cominciarono scavate gallerie e trovarono argento in grande quantità. Il cacciatore diventò molto ricco e aveva tutto ciò che voleva, ma nei giorni della sua vecchiaia, si risvegliò in lui nuovamente la passione mai sopita della caccia. Si costruì così una nuova balestra con una robusta corda e, immemore del suo giuramento, (una domenica) abbatté un magnifico camoscio. La punizione arrivò immediatamente: un blocco di roccia si staccò dalla parete e stritolò lo spergiuro. Il giorno dopo, quando i minatori arrivarono alla miniera, non trovarono più minerale d’argento ma solo blenda senza valore, che non si poteva fondere.”

 

La leggenda del Lago di Tumulo

Si narra che in antichità alcune mucche al pascolo nei pressi del Lago di Tumulo non facevano ritorno.I pastori preoccupati dalle sorti del bestiame cominciarono ad accompagnare le mandrie ben armati pensando ad un grosso predatore. Ma nelle notti più buie anche a molti pastori capito la stessa sorte.

Solo dopo aver gettato degli amuleti benedetti non vi furono più sparizioni.

 

STORIE